venerdì 5 agosto 2011

zuppa di ceci . chickpeas soup

C'era una volta un'isola in mezzo al mare blu, blu. L'isola era nota per l'abilità dei suoi uomini di lavorare la terra con le loro mani e di cuocerla in forni, frutto anch'essi del lavoro dell'uomo. C'era una volta un'isola dove florida era la coltivazione del cecio e dove la zuppa di tal legume, riempiva la tavola della domenica. E siccome nulla andava sprecato, era uso sfruttare il calore dei forni per cucinare, così accanto ai piatti, ai vasi, alle teglie, ai bicchieri di terracotta, si infornava la zuppa di ceci, ad addolcire l'odore dell'argilla, a sfruttare il calore prodotto.
La coltura dei ceci si impoverì, con il naturale evolversi dell'economia dell'isola, e sempre meno si usarono i forni per cuocere l'argilla. Rimasero, tuttavia, i forni.Un giorno una donna, provando ardente e desiderosa nostalgia di quella zuppa di ceci che sapeva di terra e di fuoco, pensò di accendere un forno. Cercò la legna più secca e consistente, scelse il suo tegame migliore e decise che il sabato notte il fuoco sarebbe stato acceso per permettere alla sua tavola festiva di accogliere la zuppa. Una volta sola la settimana dunque, per onorare la domenica. Così risorse, un caldo mattino di aprile, la zuppa di ceci, revithia soupa.  si diffuse sull'isola come una buona notizia a lungo attesa, dapprima la vicina timida dalle voglie sopite, poi il postino e l'autista dell'autobus, il pescatore di polpi alla fine della stagione e l'affittacamere all'inizio della sua, tutti si rivolsero a lei per godere del privilegio di ospitalità riservato ai tegami di zuppa. Il forno a poco a poco si riempì della dignità di chi è sazio scaldando e cuocendo zuppa per tutta l'isola.

E così accadeva e accade ancora oggi, il sabato sera, all'accensione del forno, una piccola profana golosa processione di tegami, ognuno con il suo numero per non confonderli, avanza verso la signora del forno, essa li adagia nel caldo ventre in attesa e lì la congrega delle terrecotte spende la notte in gustosi bollori, scambiandosi effluvi e vapori fino all'alba della domenica. Sorge il sole festivo, scalda inutilmente il forno già rovente, sveglia le piccole teglie intorpidite dal sonno comune che le ha cullate e insaporite. E a ritroso, come sono arrivati, i tegami tornano per cento vie, alle loro case. 



Once upon a time, in the middle of a blue blue sea, there was an island. It was known because of the ability of its men to work the earth with bare hands and to burn it as clay in home made ovens. Once upon a time there was an island, were rich was the growing of chickpeas and where the soup of that legume enriched with its taste the Sunday lunch. And since nothing had to be wasted, it was used to exploit the heat of the oven to cook as well, therefore close to the dishes, to the baking pans, to the glasses, people of that island would cook the chickpeas soup, to sweeten the smell of the clay, to take advantage of the warmth produced. Time went by, the cultivation of the chickpeas grew poorer and poorer following the natural evolution of the island economy, and less and less the ovens were used to produce earthenware. Ovens remained though.

One day a woman, feeling a greedy and eager nostalgia of that chickpeas soup that tasted earth and fire, decided to light up the fire of the oven. She looked for the driest and stiffest wood, she chose her best pan and decided that on Saturday night she would have started the fire in order to allow its table to welcome the soup. Just once a week, to honor Sundays. So revived, in a warm April morning, the chickpeas soup, revithia soupa. The taste spread through the island as a long waited good news, first the shy neighbour with soothed greeds, then the postman and the bus driver, the octopus fisher at the end of his season and the landlord at the beginning of his, everybody would address the lady to enjoy the privilege of hospitality reserved to the soup pans. The oven slowly slowly got full in that dignity belonging to who’s sated, cooking and baking soup for the entire island. 
This is what used to happen and happens nowadays as well on Saturday evening, as the oven gets ready, a small greedy profane pans’ procession, each pan with a number on not to confuse them, advances towards the lady of the oven, she lays them in the warm waiting abdomen and there the congregation of the earthenware spends the night in tasteful ardors, exchanging effluviums and steams until the Sunday dawn. The holiday sun rises, to uselessly warm up the oven already scorching, it wakes up the little pans dulled by the shared sleep that pampered and flavored them. And backwards, following their own steps, the soup pans go through a hundreds roads back home.


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